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Abstract ABSTRACT Questa tesi si propone di analizzare l’inserimento del cibo nell’affascinante ambito della narrazione letteraria e la sua pregnante rilevanza ai fini dell’interpretazione di un testo. A questo proposito la lettura del cibo è uno strumento euristico indispensabile, in quanto aiuta a ritagliare una striscia cospicua di tessuto verbale che permette un’analisi critica in profondità, metonimica e metaforica, riferibile all’intero testo. Di qui mi è venuta l’idea di adottare la metafora del cibo come privilegiato strumento d’indagine, nel tentativo di operare una sintetica rilettura della narrativa di Clara Sereni. Importante in tutti i suoi libri è la ricerca dell’identità, che non è mai affermazione di valori precostituiti bensì esercizio di esperienza, esplorazione ai confini, curiosità creativa, lotta per l’autonomia. La memoria si innesta sulla vita quotidiana, sugli oggetti e sulle pratiche familiari, si misura negli spazi della casa. Il cibo e la cucina hanno un ruolo fondamentale e costante in tutte le sue opere, divengono quasi il motore simbolico dell’immaginario. L’intervento si sofferma soprattutto su due opere di Clara Sereni: Casalinghitudine (1987) e Passami il sale (2002), anche se si fa riferimento alle tappe fondamentali di Manicomio primavera (1989), Il gioco dei regni (1993), Eppure (1995), Le merendanze (2004), e ad altri scritti. |